Bioenergetica e adolescenza

 Un adulto sano è il complesso integrato di diversi stadi: un infante nel cuore, un bambino nell’ immaginazione, un ragazzo nello spirito di avventura, e un giovanotto nelle aspirazioni romantiche. In quanto adulto e’ anche consapevole delle conseguenze delle sue azioni ed e’ preparato ad assumerne delle responsabilità… Arrivano alla maturità con una responsabilità completa solo gli individui che hanno superato soddisfacentemente ogni stadio precedente della loro formazione.

Alexander Lowen

Un compito difficile per tutti coloro che hanno a che fare con gli adolescenti, siano essi genitori, educatori, insegnanti o psicologi, è quello di distinguere tra comportamenti a rischio che fanno parte di un processo che chiede solo rispetto e attesa e quelli che invece esprimono un’urgente richiesta di aiuto.
È nella natura stessa dell’adolescente spingersi verso, e delle volte oltre, il limite consentito. Compito di sviluppo di questa fase di crescita è proprio la scoperta, la conoscenza delle regole, il superamento della fase onnipotente infantile per scoprire i limiti che caratterizzano la maturità dell’età adulta. Non si possono conoscere i confini se non vengono sperimentati! Alla ricerca della propria soggettività l’adolescente prova i propri limiti sia emozionali che corporei, come se dovesse capire qual è la sua resistenza evocando emozioni o sensazioni “forti”. Questo agire mantiene il suo carattere evolutivo se non viene investito troppo del pensiero magico e onnipotente caratteristico del pensiero infantile.

Ciò che è importante, quando si parla di adolescenti, è entrare nell’ottica che gli agiti non devono essere considerati solo come comportamento fine a se stesso, circoscritto a quella situazione, ma va letto in un’ottica più ampia ovvero come atto comunicativo, non come pura forma di trasgressione ma come significativa forma di comunicazione, come modalità di rimettere in gioco vissuti di tipo pre-verbale che sono stati registrati nel sé infantile, senza aver trovato modo di essere diversamente elaborati. Ha poca importanza la “classificazione” dell’ agito, ciò che conta è cosa vi è dietro a questo gesto, perché è stato fatto, che fine e scopo voleva raggiungere, cosa voleva comunicare all’esterno. 

Attraverso il pensiero e all’interno di un diverso radicamento della propria identità l’adolescente fa un lavoro di spola tra il bambino che non è più e le potenzialità dell’adulto che non è ancora. Azione e pensiero sono comunque tentativi, anche se di segno diverso, di padroneggiare l’angoscia di una transizione che confronta l’ adolescente con la perdita, con l’ indefinito e con il vuoto.In termini clinici l’ agire è una messa in atto di un comportamento per evitarne un altro, quindi per scappare da ciò che ci crea sentimenti negativi, per il terapeuta può essere un indicatore che rileva la strada da percorrere durante il processo terapeutico, su cosa si deve rievocare e riscrivere all’interno della relazione.  Quando si prova una forte tensione emotiva, ad esempio forte ansia, si ha la necessità di scaricarla: si parla di agito quando questa viene liberata attraverso un’ azione che è caratterizzata da una mancata valutazione delle conseguenze su se stesso e sull’ambiente, venendo meno il lavoro di elaborazione e simbolizzazione.  Nell’adolescenza queste manifestazioni assumono le forme più varie, dagli agiti meno appariscenti, “privati” a quelli che impegnano la famiglia e tutto l’ ambiente sociale circostante, fino a quelle più estreme che segnalano una caduta di speranza e progettualità.  È in questa fase che l’ adolescente comincia a ridisegnare se stesso, sia a livello corporeo, con tutti i cambiamenti dello sviluppo, e sia a livello mentale, comincia una riflessione profonda su di sé e sul mondo, ripensandosi in modo diverso. Colloca se stesso, l’ età che vive, nell’arco temporale che è la vita non più pensata come linea che sfuma all’infinito ma ricolloca se stesso e i suoi genitori in una dimensione finita, privandola dell’ onnipotenza che ha caratterizzato l’ infanzia.

Questo processo di rielaborazione del Sé viene chiamato “processo di soggettivazione” in cui si sviluppa una graduale appropriazione in termini soggettivi di progetti, desideri, pulsioni ed emozioni. 

Lowen, a proposito di consapevolezza del proprio sé, introduce il concetto di radicamento (grounding), che indica la connessione energetica con la realtà, tra i piedi e il terreno sul quale appoggiano. Avere grounding, in un senso più ampio, vuol dire essere in contatto con il proprio corpo, e con la verità della propria esistenza, anziché vivere “tra le nuvole”, soltanto nella propria testa e nei propri pensieri.
L’adolescente, con la crescita, fa l’ esperienza di come la libera espressione delle emozioni si scontri con il rifiuto, la disapprovazione, l’ umiliazione, la punizione. Non sentendosi libero di esprimere e provare le diverse emozioni che lo investono impara a controllarle, attraverso diversi meccanismi di difesa, e questo ha delle conseguenze. Blocca permanentemente i muscoli coinvolti in queste espressioni mediante tensioni croniche, che sono inconsce.  Un vortice emozionale e di novità travolge l’ adolescente che si deve accompagnare nel modo migliore nel passaggio all’ età adulta per poter prevenire comportamenti ed agiti a rischio. È possibile in terapia far conoscere all’adolescente le emozioni di cui sente una forte pressione, fargli sperimentare in contesti protetti che è possibile sopportare e reggere le emozioni anche se forti e angoscianti e contemporaneamente lavorare per aumentare la percezione del proprio corpo e riconoscerne i segnali impliciti che gli manda.

Uno strumento utile per questi scopi è l’analisi bioenergetica che, ponendo l’ attenzione all’integrazione mente-corpo, rende possibile una maggiore consapevolezza e conoscenza di se stessi e delle proprie capacità combinando terapia corporea e psicoterapia verbale. Il lavoro bioenergetico offre la possibilità di rientrare nella conoscenza del corpo vissuto sperimentando in prima persona quale attivazione, quale sensazione, quale emozione, quale stato energetico, quale immagine e quali ricordi emergono negli esercizi corporei di bioenergetica. Il proprio corpo diventa il focus centrale del linguaggio del corpo. Attraverso l’ implicito che ci comunica il corpo l’ adolescente riesce a esprimere ciò che a parole e mentalmente ancora non riesce ad elaborare.  Parlare di consapevolezza corporea significa analizzare una parte profonda del proprio sé, decodificare messaggi impliciti connessi alla propria emotività. Permettendo la costruzione di quella “identità dell’ Io” formata dalla connessione di identità corporea, identità emozionale, identità relazionale.

Il corpo degli adolescenti spesso provoca impaccio e non viene riconosciuto dal soggetto stesso, sono frequenti pensieri e sensazioni di estraneità e di non riconoscimento della propria fisicità. Un lavoro di terapia psicoanalitica che parte dal corpo e dalle sue sensazioni è un ottimo strumento per eliminare o almeno allentare l’ angoscia dovuta a questo cambiamento. Ogni tensione muscolare, sia essa cronica (parte cioè della nostra armatura caratteriale), oppure generata da uno stress temporaneo di qualsiasi genere e gravità è un “buco” nella capacità di sentire il corpo, quindi di percepire se stessi. Nella contrazione, infatti, rimane trattenuta l’ energia dell’ emozione “pericolosa” che l’ adolescente non ha saputo esprimere o ha espresso in modo non funzionale, attraverso un agito pericoloso. Di conseguenza, non solo non è più in grado di agirla in modo socialmente accettato (piangendo, urlando, ridendo, pestando i piedi) ma non è neppure più capace di sentirla: non sa se è triste o arrabbiato, bisognoso di affetto o umiliato. Ogni tensione muscolare, quindi, è un vuoto nella capacità di percepire se stesso, un vuoto nel senso di identità. 

 

Diventa quindi necessario accogliere il ragazzo, comprendere i suoi comportamenti leggendoli in un’ ottica di interpretazione di ciò che c’ è al di là del comportamento stesso, accogliendo le paure e le angosce dell’ adolescente e rimandandole nella relazione terapeutica come una normale fase dello sviluppo.
Affinché l’ adolescente costruisca un sé sicuro devono realizzarsi due paradigmi fondamentali: la costruzione di un contenitore e quella di un regolatore omeostatico, entrambi codificati nella memoria procedurale. 

Il contenitore serve a mantenere i propri vissuti in sé. Caratteristica dell’ adolescente è la dispersione delle emozioni, la difficoltà nella gestione di esse, viene investito da sensazioni nuove e ne è travolto come una valanga, vive come se ogni cosa fosse assoluta e definitiva, senza riuscire a frenarla. Il contenitore è costruito dallo sguardo, dalle braccia in brave dal corpo della madre o del terapeuta. Riuscendo a delineare e a percepire i confini del proprio corpo è possibile conservare all’ interno di sé dei contenuti esperienziali che potranno essere rivissuti senza esserne sommersi dal loro contenuto emozionale.

Il regolatore omeostatico è la capacità di regolare l’ intensità dei propri stati psico-biologici affinché essi non sovrastino l’adolescente. La madre o il terapeuta calma o stimola, regola le mancanze o gli eccessi, anche questa regolazione può essere fatta attraverso lo sguardo, la voce, le braccia, attraverso il corpo ed il linguaggio implicito

Accogliere, dare un confine e permettere l’ allontanamento, è ciò che serve all’ adolescente, riprendendo un concetto di Bowlby: lasciare che il ragazzo possa sperimentare avendo una base sicura dove poter tornare.